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lunedì 6 maggio 2013

Corsi precoci di inglese - chi ne trae davvero vantaggio?


In questo bel post di Language on the Move, si parla della pressione della società taiwanese verso l'apprendimento precocissimo dell'inglese da parte dei bambini. In Italia non è molto diverso: l'inglese è studiato fin dalla prima elementare e in molte scuole materne. Inotre, è diffusissima la necessità di esporre i bambini alla lingua inglese il prima possibile, e chi può si sobbarca costosi corsi privati. Ma chi ci assicura che l'investimento sia vantaggioso?
E' sotto gli occhi di tutti come i bambini, anche quelli precocemente esposti alla lingua inglese, non manifestano competenze linguistiche superiori. Del resto, è risaputo che senza un'immersione totale, o per lo meno senza la capacità di usare costantemente un altro codice linguistico in contesti comunicativi di interesse per i bambini, l'apprendimento resta limitato. Eppure, in un'inevitabile coazione a ripetere, i genitori che possono farlo mandano i propri figli a lezione di inglese, e quelli che non possono hanno un certo senso di colpa. Anche coloro con qualche dubbio finiscono per adeguarsi, per non privare i figli di un'opportunità.
Siamo davvero sicuri che chi trae vantaggio dai corsi di inglese sia davvero quella categoria di persone (i nostri figli) che dovrebbe beneficiarne, e non piuttosto esclusivamente gli insegnanti e le scuole di lingua inglese?
Nessuno qui contesta l'importanza di un apprendimento precoce di una lingua, e i benefici che ne possono derivare. Piuttosto, ad essere contestati sono i metodi di apprendimento, e l'idea che una o due ore settimanali, sia pure svolte con insegnanti madrelingua e con i più efficaci metodi didattici, siano un investimento valido.
Del resto, il beneficio maggiore che deriva dall'apprendimento precoce di una seconda lingua, non è tanto e non è solo l'acquisizione di una competenza in quella specifica lingua: piuttosto, il beneficio risiede nel plasmare le abilità cognitive in modo che diventino ricettive all'apprendimento di più di un sistema linguistico.
In altre parole, se un bambino apprende precocemente il francese oltre all'italiano, sarà meglio predisposto all'apprendimento dell'inglese in un secondo tempo rispetto a un coetaneo che è monolingue italiano (con qualche spennellata bisettimanale di inglese). Questo fatto è avvalorato da quelle persone che per collocazione culturale e geografica vivono immerse in ambienti multilingui (come gli abitanti dell'Africa o dei Balcani), e da adulti poi hanno estrema facilità nell'apprendimento di nuove lingue.
Se questo è vero, perché insistere e sprecare risorse umane e pecuniarie in corsi precoci di inglese, e non fare ricorso invece alle risorse linguistiche che ognuna delle nostre regioni possiede, e sono rappresentate dalle nostre lingue regionali? Se il punto è esporre un bambino il prima possibile a più di un sistema linguistico in modo che il suo cervello si plasmi di conseguenza, perché non esporlo all'italiano e al sardo, friulano, piemontese, siciliano? E il tutto a costo zero?
(Foto: National Geographic Italia)





venerdì 26 aprile 2013

Benvenuti nel mondo della cyberlinguistica (come le nuove tecnologie cambiano il modo di documentare le lingue)

C'era una volta il lavoro del "field linguist": si trattava di un lavoro incredibilmente affascinante ma lungo, e molto, molto duro. Ore e ore di registrazione della voce degli informativi, e tre, quattro volte lo stesso tempo speso a trascrivere quelle registrazioni. Attrezzatura pesante, a costante rischio di incidenti. E invasiva, spesso non bene accetta dagli informatori. Ora tutto sta cambiando grazie alla disponibilità di alcune "smart apps": ora il lavoro di documentazione di una lingua viene letteralmente messo nelle mani dei parlanti per mezzo di smartphones dove le persone possono incidere la propria voce. Per esempio, l'applicazione Android Aikuma consente, oltre alla registrazione, la traduzione simultanea in un'altra lingua. Il tutto archiviato in formato digitale. Ora, se molti parlanti di una lingua in via di estinzione fanno la stessa cosa, sarà possibile accumulare dati delle lingue più remote. Grazie alla traduzione, queste lingue non saranno perse per sempre. E in futuro, i linguisti potranno analizzare questi dati, confrontarli e costruire nuove e più accurate ipotesi sul funzionamento delle lingue. Benvenuti nel mondo della cyberlinguistica.


Recording vanishing languages | Vanishing languages | SBS World News

martedì 15 gennaio 2013

Talk Mohawk .com: la voce dei nonni sullo smartphone!

Il blog è rimasto silente per troppo tempo, sorpassato dall'omonima pagina Facebook.
Una nuova app ha catturato la mia attenzione e mi ha restituito il desiderio di scrivere un post. L'app si chiama "TalkMohawk", ed appartiene alla categoria delle applicazioni sviluppate per tablet e smartphone a supporto delle lingue in via d'estinzione. Si tratta di un dizionario di base che consente di leggere ed ascoltare delle parole e brevi frasi in Mohawk. Le parole sono raggruppate tematicamente (per esempio casa, viaggio, shopping, ristorante, ecc.). Fin qui, si tratta di una delle sempre più diffuse applicazioni per la rivitalizzazione delle lingue minacciate che traggono profitto dalla disponibilità e attrattività delle nuove tecnologie mobili.
Quello che mi ha colpito, e fatto riflettere, di questa applicazione, è che è completamente customizzabile. Nella pagina web che la descrive si propone lo sviluppo di versioni dell'applicazione per una propria variante linguistica, un proprio vocabolario, addirittura una voce specifica. Insomma, se si vuole, gli sviluppatori possono fare una versione di Talk Mohawk con la voce di un proprio parente. E trovo che questo approccio sia geniale: un modo per avvicinare le persone alla riscoperta di una lingua del proprio patrimonio culturale e familiare giocando al contempo sull'aspetto affettivo, che costituisce un incentivo in più all'apprendimento.

I want to hear my own Grandmother speaking Mohawk | Talk Mohawk .com